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Ansia: amica o nemica?
Prima di rispondere a questa domanda, proviamo a porcene un'altra: cos'è l'ansia?
L'ansia è un'emozione che causa uno stato di tensione psico-fisica che, per quanto sgradevole, è fondamentale per la nostra sopravvivenza. Quando ci troviamo di fronte ad un pericolo, reale o percepito, l'ansia induce il nostro organismo ad entrare in uno stato di allarme. Immaginiamo di trovarci di fronte ad un serpente velenoso. La paura che possa farci del male produce in noi una serie di reazioni: il cuore batte più forte, la sudorazione aumenta, i nostri muscoli sono in tensione, controlliamo attentamente i movimenti del serpente per evitare che si avvicini a noi oppure proviamo a scappare. Questi sono alcuni esempi di come l'ansia sia un'emozione amica: è un segnale che attiva il nostro sistema psico-fisico, che ci permette di affrontare o scappare da uno stimolo ritenuto pericoloso per la nostra incolumità.
Tuttavia, in alcune circostanze lo stato di allarme e la conseguente attivazione psico-fisica sono costantemente presenti, anche in situazioni in cui non vi è uno stimolo oggettivamente pericoloso. Immaginate il dispendio di energie! E' come tenere accesa una macchina anche quando non dobbiamo spostarci da un luogo all'altro: un consumo eccessivo e inutile di benzina. Vivere costantemente in uno stato di apprensione e ipervigilanza è faticoso, per il nostro corpo e per la nostra mente, e ha conseguenze deleterie per la nostra salute. Tensione muscolare, incapacità a rilassarsi, insonnia, preoccupazioni eccessive, difficoltà a concentrarsi e a mantenere l'attenzione, disturbi della memoria, disturbi gastrointestinali, difficoltà a respirare.... Ed ecco che l'ansia diventa nostra nemica.
Modificare i pensieri e i comportamenti disfunzionali che trasformano l'ansia in nostra nemica è la chiave. L'aiuto di un professionista può rivelarsi utile a questo fine in quanto ti permetterà di affrontare e gestire l'ansia in modo più funzionale, evitando che essa diventi pericolosa per la tua salute.
La fobia sociale
Ti è mai successo di sentirti in imbarazzo o provare vergogna nel mangiare, bere o parlare al telefono in presenza di altre persone? E di parlare in pubblico o a persone poco conosciute?
Una forte ansia provata in situazioni sociali, in cui si è potenzialmente esposti al giudizio negativo degli altri, è una caratteristica della fobia (o ansia) sociale. Il timore di essere giudicati negativamente, come inadeguati, impacciati o ridicoli, può dare origine a manifestazioni fisiologiche come sudorazione, palpitazioni, rossore in volto, tremori del corpo e della voce, dissenteria, ecc. A questo punto, l'ansia tende ad aumentare perché l'individuo teme che tali manifestazioni possano essere notate e usate dagli altri per criticarlo.
Dal momento che esporsi alle situazioni sociali crea tanta ansia, il soggetto tende ad evitarle. Sebbene tale comportamento crei un beneficio a breve termine, poiché consente di evitare uno stato di malessere, non è funzionale a lungo termine. Pensa se smettessi di andare al lavoro o a scuola perché stare in mezzo ai tuoi colleghi o compagni ti creerebbe troppa ansia. O se rinunciassi ad una promozione sul lavoro perché questa richiederebbe maggiori contatti sociali. O ancora, se smettessi di uscire con i tuoi amici perché organizzano aperitivi, cene e serate in compagnia che sono per te fonti di forte stress. Tutti questi esempi dimostrano come l'evitamento possa condurre ad una vita solitaria e compromettere il funzionamento individuale in ambito sociale, lavorativo e sentimentale. In alcuni casi, a scopo auto-terapeutico, la persona può ricorrere all'uso di alcol, sostanze stupefacenti o farmaci per alleviare i sintomi ansiosi.
Cercare di capire perché certe situazioni procurano un'ansia sproporzionata rispetto alla loro reale pericolosità è sicuramente un buon punto di partenza per lavorare sull'ansia sociale. L'approccio cognitivo-comportamentale è quello che meglio permette di affrontare tutti gli aspetti legati a tale difficoltà in quanto fornisce strumenti pratici applicabili alle varie situazioni temute e aiuta a mettere in discussione le nostre paure.
Stereotipi e pregiudizi sulla figura dello psicologo
Sono ancora molte le persone che hanno false credenze riguardo la figura e il ruolo dello psicologo. Questo articolo ha lo scopo di fare chiarezza e dare delle risposte a chi ancora è diffidente.
Vi riporto i principali pregiudizi individuati dal Dott. Mazzucchelli, collega psicologo psicoterapeuta.
- Lo psicologo è per i matti
- Lo psicologo è per i deboli
- Lo psicologo potrebbe manipolare la mia mente
- Io sono fatto così
- Nessuno può capire il mio dolore
- La psicoterapia dura troppo
- E' impossibile risolvere i problemi concreti solo parlando
- Lo psicologo costa troppo
- Perché rivolgersi ad uno psicologo quando posso parlare con un amico?
- Ah... ma sei psicologo?
Proverò ora a dare delle risposte ad ognuno di questi pregiudizi. Cominciamo!
1. Lo psicologo è per i matti.
Falso! Lo psicologo è un professionista a cui può rivolgersi chiunque senta di averne il bisogno. Dire che lo psicologo è per i "matti" è come dire che il medico cura i malati terminali. Anche, ma non solo. Tralasciando il fatto che il termine "matto" non ha alcun significato clinico, è possibile affermare che esistono persone con patologie mentali gravi, patologie mentali meno gravi e persone che hanno semplicemente bisogno di aiuto in un momento di difficoltà.
2. Lo psicologo è per i deboli.
Falso! Lo psicologo è per i coraggiosi. E' per coloro che non temono di entrare in contatto con le proprie paure e combatterle, è per chi riconosce i propri limiti e sa chiedere aiuto.
3. Lo psicologo potrebbe manipolare la mia mente.
Falso! Lo psicologo non è in grado di manipolare la tua mente perché non è un mago! È una persona che ha studiato tanti anni per acquisire delle conoscenze, delle tecniche e degli strumenti che utilizzerà solo previo tuo consenso.
4. Io sono fatto così.
I tuoi pensieri, i tuoi comportamenti e il tuo carattere non fanno parte del tuo corredo genetico. Hai appreso a comportarti e pensare in un certo modo nel corso delle tue esperienze di vita. Di conseguenza, puoi imparare anche a modificare le parti meno piacevoli di te.
5. Nessuno può capire il mio dolore.
Sicuramente non c'è nessuna persona al mondo che conosce meglio di te il tuo dolore, ma ti assicuro che è condiviso da molte più persone di quel che pensi. Nel percorso psicologico paziente e terapeuta instaurano un rapporto collaborativo e complementare che crea una perfetta sintonia per risolvere le difficoltà: la persona conosce il suo dolore e lo psicologo conosce gli strumenti per gestirlo in modo funzionale.
6. La psicoterapia dura troppo.
Falso! Era così molto molto tempo fa. Ad oggi può avere una durata variabile, probabilmente inferiore a ciò che molti pensano.
7. E' impossibile risolvere i problemi solo parlando.
Vero, parlare non basta. Bisogna agire. In un certo senso è come se in terapia apprendessi la teoria e nella vita di tutti i giorni imparassi a metterla in pratica. Ecco perché è importante cominciare un percorso motivati, sapendo che richiederà delle energie e non sempre sarà facile, ma sicuramente il gioco varrà la candela.
8. Lo psicologo costa troppo.
Lo psicologo non costa più di nessun altro professionista che si fa pagare per la propria prestazione. Tuttavia, esiste ancora la concezione per cui, essendo una professione d'aiuto, debba essere esercitata gratuitamente. Nulla di più scorretto. Vi fidereste mai di un medico che vi visita gratuitamente?
9. Perché rivolgersi ad uno psicologo quando posso parlare con un amico?
Potrei scrivere un articolo solo su questo. In questa sede mi limiterò a dire che un amico difficilmente sarà oggettivo con te in assoluto. Inoltre, sebbene possa essere un ottimo consigliere, non possiede le conoscenze e gli strumenti necessari per farti stare bene a lungo termine.
10. Ah... ma sei psicologo?
Chi è lo psicologo? Si diventa psicologi dopo aver conseguito una laurea quinquennale in Psicologia, superato un esame di stato composto da tre prove scritte ed una orale e frequentato anni di tirocini di specializzazione. Se si vuole continuare la propria formazione ci sono molti corsi, master e scuole di specializzazione.
Le "scorciatoie" cognitive
Le scorciatoie cognitive, tecnicamente dette euristiche, sono strategie di pensiero utilizzate inconsapevolmente che ci permettono di ragionare più velocemente nel momento in cui dobbiamo emettere un giudizio o prendere una decisione. Sicuramente abbiamo dei vantaggi in termini di tempo e risorse, tuttavia ci portano spesso a commettere errori di ragionamento.
Ma entriamo nello specifico.
I primi autori che parlarono di euristiche furono Kahneman e Tversky.
Vi propongo uno dei loro esperimenti: provate a leggere questa breve descrizione e a rispondere alla domanda seguente.
Linda, trentun'anni, è single, molto intelligente e senza peli sulla lingua. Si è laureata in filosofia. Da studentessa si interessò molto ai problemi di discriminazione e della giustizia sociale, e partecipò anche a manifestazioni antinucleari.
Quale alternativa è più probabile:
- Linda è militante di un movimento femminista
- Linda è una cassiera di banca
- Linda è una cassiera di banca ed è militante di un movimento femminista
La maggior parte delle persone ritiene più probabile la risposta numero 3, tuttavia tale conclusione è illogica. Infatti, non vi è nessun collegamento diretto tra il passato di Linda e il suo lavoro attuale. Anzi, l'alternativa numero 3 è la meno probabile, puramente per una questione matematica: la probabilità che due eventi accadano assieme non può mai essere maggiore della probabilità che ciascun evento accada da solo. Cosa vogliamo dimostrare? I nostri giudizi, spesso, si basano su quanto una persona, un evento o una cosa si avvicina alle nostre categorie mentali. Il rischio è quello di ragionare lasciandoci guidare dal pregiudizio.
Analizziamo un'altra situazione.
Stai organizzando una vacanza estiva in un luogo tanto sognato ma raggiungibile solo in aereo. Guardando il telegiornale, vieni a conoscenza di un incidente aereo appena successo che ha procurato molti morti e feriti.
Che succede? Molto probabilmente modificheremo la scelta della nostra meta poiché tenderemo a sovrastimare la probabilità che accada di nuovo. Nonostante questo, ogni giorno guidiamo la macchina per andare al lavoro, senza preoccuparci del fatto che potremmo essere coinvolti in un incidente stradale.
Questo tipo di ragionamento non è logico; infatti le statistiche dimostrano che gli incidenti in aereo sono rari, meno probabili e meno frequenti rispetto a quelli in macchina. Tuttavia, l'essere umano tende a prendere decisioni tenendo conto delle informazioni maggiormente disponibili nella sua memoria, ovvero quelle accadute di recente, di cui ha fatto esperienza diretta o indiretta e che gli hanno procurato un forte impatto a livello emotivo.
Concentriamoci ora su un'ulteriore scorciatoia cognitiva studiata da Kahneman e Tversky.
Spesso nel valutare una situazione o una persona prestiamo maggiore attenzione ad informazioni che confermano una conoscenza acquisita in precedenza. In un certo senso è come se ci "ancorassimo" a informazioni già possedute per velocizzare il nostro processo di ragionamento in una situazione ambigua.
Stiamo per acquistare un prodotto in offerta al supermercato. Per valutare se lo sconto è conveniente, facciamo riferimento al prezzo di partenza. Molto probabilmente tutti i prezzi inferiori ad esso ci sembreranno ragionevoli, anche se potrebbero essere comunque superiori al valore effettivo del prodotto. Ne deduciamo che lo svantaggio di questo processo consiste nel sovrastimare o sottostimare la persona o l'oggetto del nostro ragionamento.
Arriviamo infine all'ultima scorciatoia cognitiva discussa dagli autori. Vi ripropongo un loro esempio.
Il signor Crane ed il signor Tees dovevano prendere due diversi voli che partivano dallo stesso aeroporto alla stessa ora. Hanno viaggiato sullo stesso taxi per recarsi all'aeroporto, ma a causa dell'intenso traffico sono arrivati in aeroporto 30 minuti dopo l'orario di partenza dei loro voli. Al signor Crane venne comunicato al banco delle accettazioni che il suo volo era partito in orario, mentre al signor Tees hanno detto che il suo volo era partito con 25 minuti di ritardo. Chi è due è più contrariato? Chi è il più triste?
La maggior parte delle persone credono sia il signor Tees perché, perdendo il suo volo per soli cinque minuti, si immaginerà più facilmente scenari alternativi: se solo una minima azione fosse stata diversa durante il suo tragitto per raggiungere l'aeroporto, probabilmente sarebbe riuscito a prendere il suo volo.
Questo tipo di ragionamento non solo è illogico, ma causa anche un maggiore rimuginio su un futuro che sarebbe potuto accadere ma non è accaduto, aumentando quindi le probabilità di avere rimpianti.
In conclusione, possiamo affermare che le euristiche sono scorciatoie cognitive utili perché ci permettono di risparmiare tempo e risorse durante il processo di ragionamento. Tuttavia, mancano di precisione poiché, non tenendo in considerazione tutte le sfaccettature delle situazioni, ci portano a commettere errori di valutazione.
Il mio bambino neo-nato fa i capricci.
I neonati non fanno capricci. I neonati non si viziano. I neonati non nascono furbi.
I neonati hanno bisogni che non sono in grado di esprimere se non attraverso il pianto.
Piangono perché hanno fame, sete, caldo, freddo, non stanno bene, hanno bisogno di essere cambiati, bisogno di coccole, di contatto, di rassicurazione, di giocare, perché sono sovraccarichi di stimoli, stanchi, perché hanno sonno ma non riescono a dormire, perché hanno bisogno delle braccia della mamma per sentirsi protetti in un mondo troppo grande che a volte fa paura.
Soddisfare prontamente un loro bisogno e offrire le nostre braccia per trasmettere protezione e rassicurazione non significa viziarli. Lasciarli piangere non rafforzerà la loro indipendenza e non gli farà capire che la mamma non potrà esserci per sempre. Lasciarli piangere significa sottoporre il loro piccolo organismo a scariche di cortisolo, che velocemente entrerà in circolo e li renderà stressati e nervosi inficiando negativamente sul loro neurosviluppo. Ignorare i loro bisogni o non intervenire prontamente quando chiedono aiuto trasmetterà loro un solo messaggio: "i miei bisogni non meritano attenzione. Io non merito attenzione. Se nemmeno la mia mamma o chi si prende cura di me interviene quando ho bisogno significa che non ne vale la pena, io non valgo la pena". Questo creerà sfiducia nel prossimo e in se stessi e, in età adulta, potrebbe essere causa di disagi psicologici, insicurezze e problemi relazionali.
"Mamma mia quante storie… tutti quanti abbiamo pianto un po' e non siamo mica morti, siamo cresciuti sani e salvi"… Sani dipende da che punto di vista, ma in ogni caso non sarebbe saggio continuare a seguire un approccio (scientificamente sbagliato) nonostante numerose ricerche dimostrino il contrario. Semplicemente perché non facciamo il bene dei nostri piccoli, che un domani saranno adulti.
Concludo rivolgendomi a tutti coloro che hanno a che fare con neo-mamme: per favore, non giudicate. Non sentitevi in diritto di dire la vostra. Ogni mamma conosce il proprio cucciolo meglio di chiunque altro e saprà perfettamente come comportarsi con lui o lei.